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Dr. Alessio Tortorella – Psicologo, Psicoterapeuta e Psicoanalista a Firenze
Confidenze e Ombre Articolo Dr. Alessio Tortorella - Psicologo Psicoterapeuta Psicoanalista Firenze

Confidenze e Ombre

Posted on 29 Marzo 202513 Maggio 2025

“la conoscevo bene: Teresa tendeva a essere brillantemente, creativamente perfida; la sua perfidia, di norma, non lavorava nell’ombra, con mezze frasi per chi vuole intendere, ma era spiattellata in faccia alla persona che ne era l’oggetto, con uno scoppiettio dell’intelligenza che finiva per divertire i presenti e spesso la stessa vittima; figuriamoci dunque di cosa poteva essere capace in un momento di trionfo, di assoluta pienezza di sé. Temetti che rovinasse il mio esile stato di benessere e lasciai il foglietto con l’indirizzo a scuola, nell’armadietto, dedicandomi al ruolo dell’individuo, secondo Tilde, onesto fino all’ingenuità, perciò libero. Esattamente ciò che volevo essere.” Confidenza, Domenico Starnone

“Un famoso finanziere diceva che quando due persone conoscono un segreto, allora non è più un segreto.” Titta di Girolamo in Le conseguenze dell’amore di Paolo Sorrentino

Nel 1896, un Freud quarantenne lanciava un’inquietante ombra su tutta la società viennese del tempo: i caregivers (come li chiameremmo oggi) sono abusatori di infanti. In Etiologia dell’isteria infatti scrive: “I traumi infantili, rivelati dall’analisi in questi casi gravi, non potevano non essere tutti definiti come gravi offese sessuali; occasionalmente si trattava addirittura di cose ignobili. Tra coloro che si erano resi colpevoli di abusi dalle conseguenze così gravi, figuravano in primo luogo le bambinaie, le governanti e le altre persone di servizio alle quali viene con tanta leggerezza affidata la cura dei bambini; seguivano poi, con frequenza veramente deplorevole, persone preposte all’insegnamento; […]. In un buon numero dei casi il trauma sessuale (o la serie dei traumi) si era verificato verso il terzo o quarto anno di età. Non presterei fede a questi straordinari reperti, se essi non venissero completamente avvalorati dalla successiva insorgenza della nevrosi. In tutti i casi una somma di sintomi nervosi, di abitudini e di fobie trova spiegazione solo se si risale a questi episodi infantili, e la manifestazione logica delle manifestazioni nevrotiche rende impossibile rifiutare questi ricordi, tanto fedelmente conservati, che emergono dall’infanzia.”

Insomma, l’insorgenza di nevrosi sembra essere la prova che un abuso sia avvenuto. E proprio mentre il bambino era nella sua maggiore vulnerabilità, da parte di chi era a lui più vicino. Forse talmente vicino da essere indistinguibile da sé.

Proprio una “persona preposta all’insegnamento” è Pietro Vella, che in Confidenza di Domenico Starnone, sembra iniziare la sua vita amorosa proprio con una sua giovane allieva. Non troppo più giovane, l’allieva, innamorata del professore dai banchi di scuola, ha già intrapreso l’università, lavora, ha una vita intellettuale e affettiva già indipendente da lui, un giovane professore di circa dieci anni più vecchio di lei. Abuso o non abuso? C’è qualcosa che ci inquieta, è un limite non chiaro quello che si delinea nelle prime pagine, così come nella prima parte del film con un eccezionale Elio Germano nei panni di Vella. Un limite probabilmente tanto più inquietante perché è il carattere dei personaggi ad essere fresco, giovane, permeato e permeabile alle passioni e alla vita. Questa turbolenta relazione si interrompe esattamente dopo un tentativo disperato di tenerla insieme: farsi una confidenza terribile, saputa la quale l’uno sarà nell mani dell’altra, legati per la vita. “Litigammo, quella volta, in un modo che pareva finita, non si poteva tornare indietro dopo le cose che ci eravamo rinfacciati. Tuttavia anche in quell’occasione riuscimmo a riconciliarci. Ce ne stemmo abbracciati fino all’alba […]. Ma adesso eravamo spaventati per come avevamo rischiato di perderci. E fu quello spavento, credo, a spingerci subito dopo a cercare un modo che fissasse per sempre la nostra reciproca dipendenza. Teresa avanzò con cautela una proposta, disse: facciamo che io ti racconto un mio segreto così orribile che nemmeno tra me e me ho mai provato a raccontarmelo, e tu però me ne devi confidare uno equivalente, qualcosa che se si sapesse ti distruggerebbe per sempre.”

Circa dieci anni dopo Freud sviluppò un cambiamento nel punto di vista sull’origine del trauma. Non persone reali ad attuare abusi reali, ma fantasie e pulsioni del bambino stesso, sessuato, perverso, polimorfo. Ci devono essere dei momenti in cui nella psiche del bambino emerge qualcosa che vuole staccarsi, lotta furiosamente come si litiga in una coppia codipendente e fusionale dinanzi al pericolo dell’individualità, una parte che vuole affermarsi irrompendo in un equilibrio amoroso apparentemente perfetto. Una sorta di alieno che improvvisamente vuole staccarsi da noi, un gemello cattivo che dice di essere noi eppure si comporta come altro da noi. Ma da dove nasce allora questa Ombra di noi? È un processo normale o traumatico? È la vita che nasce da dentro ma che non riconosciuta sembra venire da fuori per minacciarci, perseguitarci e distruggerci?

Nel libro Pietro è diviso tra due donne che sembrano i lati di sé, un uomo cresciuto nella paura della sua ombra e nell’eccitazione della stessa. Fin da bambino sogna di buttarsi dalla finestra sicuro di non morire, anzi eccitato da quel senso di potenza, minacciato però dal pensiero che qualcun altro potesse spingerlo contro la sua volontà, e allora sì, sarebbe morto. Un uomo che attribuisce la sua nevrosi al padre umile con ambizioni riversate sul figlio, una figura che resta totalmente irrisolta e sullo sfondo, accennata solo nella misura in cui Pietro vuole allo stesso tempo soddisfare e ucciderne il desiderio deludendolo, compiendo atti deprecabili e deludenti. Pietro è un uomo che vorrebbe essere limpido, alla luce del sole come si può essere solo allo zenit, senza ombra, o meglio coprendola interamente sotto le sue scarpe, senza la possibilità di un minimo movimento che ne riveli l’esistenza. Ma è veramente il “padre cattivo”, abusante, ad aver causato la nevrosi di Pietro? E come uscirne?

La grandezza del concetto di inconscio forse risiede anche in questo: non è dato sapere, ma possiamo provare a sentirlo, a sentire cos’è, appropriarcene e farlo nostro. Nel bene e nel male quelle parti devono compiere il loro corso evolutivo per diventare “parti” e non invadere il tutto, né condizionarlo alla paralisi da paura.

Credo che tutto questo lo spieghi perfettamente Mitchell parlando della Psicoanalisi secondo Leowald, ne Il Modello Relazionale: “Forse non è troppo fantasioso pensare agli psicoanalisti come astronomi e cosmologi della mente. I pazienti iniziano il trattamento con frammenti, pezzi di una vita che sembrano distinti e separati l’uno dall’altro: sintomi, problemi di “realtà” attuali, ricordi, sogni e fantasie. Gli psicoanalisti hanno imparato a pensare a questi frammenti apparentemente dotati di confini presenti nello spazio psichico come a costituenti di un singolo campo di forze. E, insieme ai loro pazienti, non narrano cosmologie, ma storie evolutive nelle quali speculano sul modo in cui il campo di forze della vita dei pazienti viene all’essere. Hans Loewald ha sviluppato una visione psicoanalitica della natura delle origini della mente, una visione di straordinaria ricchezza e potere esplicativo. Come la cosmologia contemporanea, essa inizia con una primordiale densità nella quale tutte le caratteristiche del nostro mondo quotidiano, che noi crediamo essere elementi separati e dotati di confini, sono collassate l’una nell’altra. Noi iniziamo, suggerisce Loewald, con un’esperienza nella quale non c’è differenziazione tra l’interno e l’esterno, il sé e l’altro, la realtà e la fantasia, il passato e il presente. Tutte queste dicotomie, che noi arriviamo a pensare come date, come caratteristiche di base del mondo, sono per Loewald costruzioni complesse. Esse sorgono lentamente nel corso dei nostri primi anni di vita e operano come una copertura, un modo parallelo di organizzare l’esperienza che accompagna e coesiste con le esperienze generate dall’originaria unita primaria. Quella primissima forma di esperienza, suggerisce Loewald, non scompare mai. Essa persiste al di sotto delle successive differenziazioni e strutture dotate di confini che rendono possibile la vita adulta. Quella primordiale densità originaria e permanente, nella visione della mente di Loewald, opera come “materia nascosta”, che mette insieme dimensioni dell’esperienza solo in apparenza separate, dotate di confini e prive di connessioni. Nella visione di Loewald, infatti, la psicopatologia, concepita nel senso più ampio, rappresenta uno squilibrio tra le forze centrifughe e centripete della mente. Nella psicosi la primordiale densità mina la capacità di fare distinzioni adattive e normative tra l’interno e l’esterno, il sé e l’altro, la realtà e la fantasia, il passato e il presente. Nella nevrosi e – Loewald a volte suggerisce – anche nell’adattamento normativo al nostro mondo scientista e ipertecnologizzato, i costituenti della mente sono naufragati a una distanza troppo grande dalla loro densa unità originaria: il dentro e il fuori diventano domini separati e impermeabili; il sé e l’altro sono esperiti come isolati; la realtà è privata delle sue connessioni con la fantasia; e il passato diventa un territorio remoto rispetto a un presente superficiale e privo di passione.”

Questa sembra essere la condizione che Pietro non riesce a sciogliere e che, anzi, diventa peggiore al crescere del suo successo, un’ombra che cresce all’aumentare della luce della propria “menzogna”. Sessualità e capacità di morte spesso sono i demoni sottesi alle nostre paure, la nostra ombra che prende la forma di elementi seduttivi o distruttivi, che è necessario trovare il modo di narrare come fa Stevenson con il suo Dottor Jekyll, o come in questo caso ci regala Domenico Starnone nel suo racconto, amplificato nella pellicola da Lucchetti e Germano. Un percorso di persecuzione e paranoia che non perde la sua carica fino alla fine, proprio perché mai svelata, mai confidata, come invece avviene quando siamo pronti a raccontarla a qualcuno, realmente altro da noi, che eleggiamo come degno di farci vincere la paura di ascoltare le nostre confidenze.

Articolo pubblicato nella Newsletter de Il Ruolo Terapeutico di Foggia

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